ROCCA MATTEI – LA ROCCA DEI MISTERI

L’Emilia-Romagna è una regione ricca di storia, arte, cultura e cucina in ogni suo angolo e non si finisce mai di scoprire i suoi tesori. Tante sono le città conosciute e prese d’assalto dai turisti, ma a noi non piacciono mai le strade semplici e troppo battute…quindi eccoci alla scoperta dei colli bolognesi, là dove il tempo sembra essersi fermato e dove le montagne nascondono segreti, storie e un po’ di misteri.

La nostra meta principale è stata la Rocchetta Mattei, un singolare castello a una mezz’ora da Bologna, più precisamente a Riola di Vergato. Una strada tranquilla e ben segnalata vi porterà proprio all’ingresso della Rocca, dove armandovi di un po’ di pazienza riuscirete a parcheggiare lungo la strada. Appena giunti davanti all’ingresso non siamo riusciti a non rimanere a bocca aperta guardando questo strano edificio avvolto dalla natura, come se fosse sorto lì per errore. Eppure parte della magia di questo luogo sta proprio nella sua posizione, all’incrocio tra due fiumi e davanti alle montagne bolognesi. Salita la scalinata principale per raggiungere la biglietteria ci siamo resi conto fin da subito della fusione apparentemente un po’ caotica di elementi architettonici completamente diversi, eppure nulla in questo luogo è lasciato al caso…ma meglio non svelare troppo subito. Prima di cominciare il vero viaggio alla scoperta di questo castello vogliamo darvi un paio di informazioni pratiche. La visita (costo del biglietto intero 10€) è possibile il sabato e la domenica, è solamente guidata e va prenotata per tempo comodamente da casa dal sito della rocca, da dove potete scegliere il giorno e l’orario che più preferite. 

Cominciamo proprio dalla biglietteria il nostro itinerario, non si tratta di una semplice sala ma di una delle stanze del castello, chiamata sala dei 90 dove il numero 3 torna in maniera ricorrente (non per caso!): troviamo stelle a 8 punte, 3 uscite verso la luce, la vista su 3 monti, 3 sedute con rappresentate 3 stelle al centro e la sala stessa ha pianta esagonale. Ma perché questi simboli? Occorre inquadrare il personaggio dietro a questo edificio per capirne il senso. Il castello venne realizzato tra il 1850 e il 1875 dal conte Cesare Mattei, che decise di costruire la sua rocca a partire da alcune rovine risalenti al XIII secolo, probabilmente appartenute a Matilde di Canossa. Mattei era celebre a livello mondiale per la sua elettro-omeopatia, che prevedeva un riequilibrio delle energie del corpo umano, basandosi su quelli che sono i principi delle medicine orientali. Rimedi in cui lui credeva fermamente e che produceva secondo sue ricette, ancora oggi conosciute solamente dai discendenti, che custodiscono il segreto. Proprio così Rebecca, la nostra guida, ci ha presentato questo uomo che ha dato vita ad un vero unicum. Tutto ciò ci è stato presentato nel primo grande cortile, dove si può ammirare un balcone da cui si sarebbe dovuto affacciare il papa, che però non andò mai al castello, e una singolare fontana che altro non è che una fonte battesimale. Proseguendo verso il secondo punto della visita non dimenticate di tenere gli occhi aperti con il naso rivolto all’insù per non perdervi alcun dettaglio. 

Dopo aver salito giusto qualche gradino più ripido del previsto, siamo stati avvolti da arcate bianche e nere e soffitti ricamati. Si tratta della cappella, che riprende lo stile della Mazquita di Cordoba. Mattei però non ci vuole rendere la vita facile e ha così deciso di creare una serie di illusioni ottiche che confondono il visitatore. La parte bassa delle pareti vi sembra in legno? E invece è gesso scolpito e dipinto. Il soffitto vi sembra un ricamo di stucchi? E invece è tela dipinta. La struttura vi sembra in marmo? E invece è cemento, eccezion fatta per la parte centrale in legno. I santi vi sembrano a mosaico? E invece sono affreschi. Le pareti vi sembrano con tappezzeria? E invece sono sempre affreschi. La parete di fondo vi sembra “cadere”? E invece è perfettamente dritta. Un insieme di elementi che confonde e allo stesso tempo affascina. Già qui, come poi in altre sale della rocca, si possono anche notare tre stemmi: due sono legati a Mattei, l’aquila nera e la banda blu sulla scacchiera; il terzo, con una stella, tre colli e una strada, è invece legato all’erede di Mattei, Mario Venturoli. Mattei infatti, come ci è stato spiegato, amando un po’ troppo le donne (o forse è meglio dire un po’ troppe donne), decise di non sposarsi mai. Mario Venturoli riuscì a salvare l’eredità di Mattei, che rischiava di andare in rovina a causa degli sperperi del fratello. Così, in segno di gratitudine, Mattei decise di adottare Venturoli, che divenne anche il suo unico erede. 

Usciti dalla cappella ci siamo diretti verso il ponte levatoio che collegava l’edificio principale allo studio del conte…un ottimo metodo per tenere lontani i disturbatori o i curiosi. Da qui si possono ammirare le torri del castello, rivestite da strisce e mattoni che rappresentano il riordino dei flussi energetici. Ma potrà mai essere casuale la disposizione delle torri? Ovviamente no! Infatti Mattei studiò l’edificio in modo da disporre le torri come i pianeti secondo il modello copernicano. La torre principale, dove si trovava il suo studio, è il Sole, fonte di vita sulla Terra come lo era per lui il suo lavoro. 

Dopo aver studiato nel dettaglio l’esterno dell’edificio abbiamo proseguito verso il cortile dei leoni, che riprende perfettamente l’Alhambra di Granada.  Ci si ritrova all’improvviso catapultati in un’altra epoca e in un’altra parte del mondo. Le pareti del cortile erano una volta completamente ricoperte di piastrelle policrome e anche le colonne mostrano ancora oggi tracce di colore ormai perso nel tempo. Lungo tutto il cortile si ripete, come fosse un fregio, una scritta in arabo e al di sotto, come una pubblicità occulta di altri tempi, si ripete infinite volte il marchio delle medicine di Mattei: un tondo con al suo interno la rocca. 

Proseguendo siamo giunti alla stanza della musica dove si possono ammirare gli unici immobili per il momento recuperati: un tavolino in madreperla, una panca di legno decorata e un pianoforte. Da qui abbiamo percorso un corridoio esterno con la pavimentazione interamente in madreperla, fino a giungere alla stanza della pace, così chiamata perché si ripete per tre volte la parola pax. Perchè tre volte? Perché Mattei sperava di mettere d’accordo le tre grandi religioni per riuscire a vendere le sue medicine a tutti quanti. Qui si possono infatti notare dalle finestre i simboli delle diverse religioni. Se poi come noi capitate in una giornata di vento, potrete anche sentirlo ululare più che mai da questa stanza che sembra essere sospesa nel vuoto.

Ormai quasi alla fine della nostra visita siamo stati portati nella stanza rossa, la stanza in cui il conte incontrava i suoi pazienti. Il nome della stanza viene da una tenda rossa che separava le due zone: quella dove si trovava Mattei, dove il soffitto permetteva alla sua voce di rimbombare, e quella dove entravano i pazienti senza vederlo e dove il particolare soffitto in carta di giornale permetteva una maggiore insonorizzazione. 

Per concludere il percorso eccoci alla tomba di Mattei. Ancora una volta siamo nella cappella, ma questa volta al piano superiore. Qui il conte è sepolto all’interno di un sarcofago da lui disegnato, su cui si legge un’iscrizione interrotta volutamente da quadrati neri, che la rendono un rebus del mistero. Ma uscendo non smettete di guardare in su, perché percorrendo la scala a chiocciola verso l’uscita se alzate lo sguardo potrete notare l’ennesimo effetto ottico: il soffitto è dipinto in modo da farci credere di salire le scale.

Se uscite come noi un po’ affamati Luana è una sosta perfetta per un bel panino molto ben farcito! Nel piccolo alimentari vi accoglierà la gentilissima signora Luana che vi sazierà sicuramente con qualche panino o focaccia e con la sua simpatia vi farà certamente uscire con un sorriso.

Proprio davanti a Luana si trova anche un parco con il museo del mulino Cati, un antico mulino del 1600, rimesso in funzione. Potrebbe essere la bella occasione per visitarlo dopo esservi riempiti la pancia.

E per chi ancora ha voglia di scoprire un piccolo angolo di storia di queste montagne diverse sono le mete possibili. La nostra è stata Scola, un piccolissimo borgo medievale in cui il tempo si è fermato e in cui domina il silenzio.

Una visita all’insegna del mistero, dei simboli e della storia di un uomo che sembrava essere un mago, ma che nulla lasciava al caso e che alla fine sosteneva semplicemente che il benessere fisico derivasse da un equilibrio energetico…non è forse così?